Change Management e Innovation Coaching: le armi più potenti a disposizione delle aziende per saltare fuori dalle sabbie mobili della crisi

Come si esce da una crisi? Come si rivoluziona un’azienda prima che sia troppo tardi?

Come si trasforma un settore rovinato da una pandemia e lo si ristruttura per generare profitto?

La visione strategica di un’azienda, soprattutto se a lungo termine, è diventato un obiettivo sempre più difficile da mantenere stabile.

E se c’è una grande lezione che possiamo imparare dalla storia è che il tempo a nostra disposizione si sta assottigliando.

Pensiamo al grande regno dell’antico Egitto.

4000 anni di storia.

L’impero di Roma.

1200 anni circa.

L’impero ottomano

600 anni.

La velocità sta aumentando esponenzialmente.

La tecnologia e l’innovazione sono così slegate ormai dal nostro capitale umano che non possiamo più fare a meno di essere in ritardo.

Non facciamo in tempo ad aggiornarci che siamo già diventati obsoleti.

Ecco perché dobbiamo cambiare paradigma.

Ecco perché c’è bisogno di Innovazione Umana.

Alcune aziende lo hanno capito da tempo…

L’INNOVAZIONE UMANA CHE HA SALVATO APPLE DAL DEFAULT

Prendiamo per esempio Apple.

In questo momento noi vediamo Apple come una fra le aziende più potenti al mondo, ma la realtà dei fatti è che nemmeno 30 anni fa Apple era sull’orlo di una crisi.

Un periodo buio in cui ogni prodotto lanciato sul mercato non aveva alcuna presa sui clienti.

E in un periodo così critico il consiglio di amministrazione decise di richiamare il suo fondatore: Steve Jobs.

Ma la grande fortuna di Apple non fu tanto Jobs, che ovviamente contribuì al suo successo, ma un’altra persona molto più silenziosa e discreta: Bill Campbell.

LA RIVOLUZIONE PORTATA DA BILL CAMPBELL IN APPLE PER SUPERARE LA CRISI

La grande rivoluzione fu proprio lui.

Da quel momento la cultura all’interno di Apple cambiò drasticamente.

Insieme a Campbell, Steve Jobs iniziò a creare un processo di Change Management ed innovation coaching, eliminando tutti i rami secchi dell’azienda e rimettendo al centro il vero asset: i dipendenti.

L’impatto a medio lungo termine lo vediamo ancora oggi.

Forse non tutti sanno che nel 1998 Microsoft prestò all’azienda di Jobs 150 milioni di dollari per il 7% di Apple, oggi quel 7% ha un valore di diverse decine di miliardi.

Ma com’è stato possibile?

Bill Campbell, considerato da tutti come IL COACH della Silicon Valley, aveva una visione umanistica: lavoro = squadra = famiglia.

Non c’era posto per gli squali, per gli arrivisti.
Venivano tutti accompagnati all’uscita.

UN AMBIENTE LAVORATIVO SANO GENERA CRESCITA ESPONENZIALE

Questo ambiente così pulito, così privo di frizioni interne, riusciva a creare un senso di fiducia così potente da sviluppare il potenziale creativo e produttivo dei dipendenti.

I primi risultati, infatti, non tardano ad arrivare.

Nel 2001 nasce iPod.

Per abitudine (o per bias cognitivo) immaginiamo che l’inventore dell’iPod sia stato Steve Jobs, ma non è così.

Jobs, in qualità di CEO, ha sicuramente contribuito alle sue funzionalità proponendo migliorie e upgrade, ma il vero inventore fu un’altra persona sconosciuta ai più: Tony Fadell.

Un dipendente di Apple che, dopo il grande successo dell’iPod venne promosso a capo del progetto.

Non era un dirigente o un manager, era solo uno dei dipendenti.

Ecco la grande rivoluzione di Apple.

Questa atmosfera così produttiva aveva appena permesso la creazione di uno dei prodotti più importante dell’azienda.

Non solo in termini di appeal e di rilancio, ma proprio in termini di volumi!

Secondo i dati ufficiali di Apple sono stati venduti quasi 400 milioni di iPod.

La stessa cosa è successa per iPhone.

Anche questo non fu inventato da Jobs: lui era certamente un visionario.

Ancor prima che nascesse l’iPad lui pensava ed immaginava di averne uno tra le mani.

LA FIGURA CONTROVERSA DI STEVE JOBS: IL LATO OSCURO DI APPLE ILLUMINATO DA BILL CAMPBELL

Ma Steve Jobs era uomo di marketing, un uomo da palco che sapeva molto bene come creare presentazioni eccezionali e come tenere il pubblico con il fiato sospeso.

Noi lo immaginiamo come un leader brillante e geniale, ma non era proprio così.

Tutti desideravano lavorare con lui, ma ben pochi riuscivano a sopportare la sua presenza.

Era opprimente, umiliante, demotivante e distruttivo.

Se non ci fosse stato Bill Campbell al suo fianco difficilmente Apple, e tutta la Silicon Valley, avrebbero ottenuto il successo che hanno oggi.

La maggior parte delle aziende si sarebbero autodistrutte internamente, sarebbe diventato un ambiente malsano e nevrotico.

E ben pochi progetti avrebbero visto la luce.

Un po’ come succede nella maggior parte delle aziende.

Ecco perché il ruolo del coach e del change management è così importante.

La verità è che la maggior parte degli imprenditori non sono dei leader, come non lo era Steve Jobs.

E questo non riesce a sviluppare il potenziale umano.

RIMETTERE AL CENTRO DELL’AZIENDA IL POTENZIALE UMANO

Pensiamo ad aggiornare le macchine, i software, le tecnologie…ma non stiamo più pensando alle persone.

Alle loro esigenze.

Se non mettiamo loro al primo posto, creando un ambiente di crescita ed una visione a medio-lungo termine, come saranno in grado le aziende di sopravvivere a queste continue crisi?

Lavorando a stretto contatto con istituzioni e multinazionali mi sono reso conto che questa cultura è ancora agli albori…

LA FIGURA DISTORTA DEL MANAGER MODERNO

Un esempio lampante sono proprio i nuovi manager.

Giovani 30-40 enni che hanno una conoscenza veramente radicata nel loro settore. Sono competenti, affidabili.

Dei veri “senior”.

Ma non hanno mai gestito nessuno al di fuori di sé stessi e quindi si ritrovano a capo di un reparto, alla guida di un team che non sanno come guidare.

Questo non solo è deleterio per le figure junior, che non riescono a crescere correttamente perché non supportate da una leadership efficace…

…ma è deleterio anche per i manager che devono sopperire alle loro mancanze per ben due volte!

La prima perché non riescono a gestire il team e quindi faticano come manager, ma poi perché – proprio a causa di queste lacune – devono mettere una pezza anche al lavoro effettivo.

Ecco perché molti team si sfaldano tra le mani dei giovani manager e le figure junior non riescono ad esprimere il loro potenziale.

Se ne vanno.

Ed ecco perché non si trovano mai curriculum con lunghe esperienze di carriera. Le teste saltano prima.

Soprattutto in un periodo come questo in cui le crisi sono all’ordine del mese (e quindi non c’è tempo per pensare alle figure junior).

E paradossalmente i costi aumentano ancora!

Perché formare costantemente figure junior richiede uno sforzo economico che non si ripagherà mai nel tempo, perché la figura andrà via prima.

LA FIGURA DEL BUSINESS COACH: PERCHÉ È COSÌ IMPORTANTE (E SOTTOVALUTATA)

Creare una cultura basata sull’innovation coaching e sul change management permette invece di stabilire una visione sul medio lungo periodo, un’impostazione che punta a creare un processo di crescita graduale.

Un ambiente a “piramide rovesciata” in cui il dipendente, la risorsa umana, viene messa al primo posto.

Questo crea dei presupposti fuori dal comune.
Supera le crisi.

Se infatti la dirigenza è in grado di creare questa “rete” di sicurezza i dipendenti potranno concentrarsi solamente sul lavoro, prendendosi cura del vero tesoro dell’azienda: i clienti.

Ecco come nascono le più grandi innovazioni.

Ecco come è nato l’iPod, l’iPhone, la PlayStation, Tesla, Space X, ecc…

Siamo soliti attribuire il successo di un progetto, di un’azienda al GENIO di un singolo.

Questo crea il mito, la leggenda del visionario.

Niente di più sbagliato.

Questo bias infatti non ci permette di guardare in faccia la realtà e di stabilire le priorità. Le priorità sono le persone.

La priorità è il Change Management.

COME SI CREA UN PERCORSO DI INNOVATION COACHING E DI CHANGE MANAGEMENT

Ma come si crea un percorso del genere?

Basta fare team building?

Quando pensiamo al business coaching pensiamo ai piccoli eventi in sala, ai parchi avventura, al rafting, per creare quel senso di teamwork e appartenenza…

Poi, tempo qualche settimana, e tutto torna uguale.

La verità è che il vero business coaching, quel percorso professionale capace di generare un cambiamento aziendale, richiede figure specializzate.

Persone che non si sono limitate a leggere un libro o fare un corso full immersion di qualche giorno.

Da “coach improvvisati” non ci può aspettare un percorso così articolato ed efficace.

Ed ecco perché molti coach propongono il firewalking, i lavori di gruppo, il rafting, gli eventi motivazionali…

…ma non creano mai dei piani di sviluppo individuali per far emergere il potenziale dei dipendenti.

INNOVATION COACHING – IL PERCORSO DI STUDI RICONOSCIUTO IN ITALIA

L’Innovation Coaching è un percorso che in America, dov’è nato, richiede una preparazione accademica.

Non è una posizione per principianti usciti da un corso di un weekend, né tantomeno per i life coach.

Stiamo comunque parlando di aziende che fatturano milioni, se non miliardi, di euro.

Ed ecco perché il ruolo del Business Coach è, tra le altre cose, una delle figure più remunerate al mondo.

Non si può scherzare. Hai in mano la vita di un’azienda e dei dipendenti.

Famiglie comprese.

Non esiste la figura del coach per caso, ecco perché da sempre dico che la figura del business coach non esiste ancora in Italia.

In Italia è nato da poco un Master Universitario, un percorso riconosciuto dal M.I.U.R., capace di formare figure professionali ed affidabili.

Un Master creato in collaborazione con l’Università delle Camere di Commercio che ha l’obiettivo di formare Manager (figure interne) e Coach (consulenti esterni).

Puoi trovare tutte le informazioni su questo master cliccando qui.